Ad oggi si conoscono moltissime razze bovine differenti e provenienti da ogni angolo del mondo; dal Wagyu all’Angus, dalla Sashi alla Galiziana, dalla Chianina alla Romagnola e così via.
Tuttavia, quando si parla di “bistecche”, i tagli presi in considerazione sono T-bone e ribeye, o al limite flank, spider, diaframma e pochi altri.
Da qualche tempo, noi di “maremma che ciccia” abbiamo scelto di “alzare il tiro”, con l’obiettivo di trovare una bistecca “fuori dagli schemi” e altrettanto (o più) prelibata.
Lo studio
Interrogando giornalmente ad ogni singolo acquisto i nostri clienti sul “risultato” delle loro ricette, e confrontandoci tra di noi, abbiamo scoperto che tra i vari tagli che danno maggiore soddisfazione ne spiccano soprattutto tre!
Se state pensando a filetto, controfiletto e T-bone, siete fuori strada!
I tagli preferiti dai clienti sono: picanha (punta d’anca), scamone e tri-tip (spinacino) – sempre in tema di bistecche, intendiamoci.
Certo, la fiorentina, la costata e il filetto restano comunque, per molti, “insuperabili”; ciò nonostante, i consumatori contemporanei possono avvalersi di tecniche più accurate e godere di una resa decisamente superiore – in termini di gusto e consistenza.
Stiamo finalmente imparando a conoscere tutti i tagli “nascosti”, per così dire “secondari” ma comunque nobili.
Pur essendo consapevoli che, in termini di consistenza, il risultato più facile sia quello del filetto, o che, sotto l’aspetto scenografico, la fiorentina faccia sempre la sua “porca figura”, il consumatore 2.0 è disposto a sperimentare sempre nuove esperienze.
Il “colpo di genio”
Dopo aver osservato quanto detto sopra, abbiamo voluto proporre qualcosa di nuovo, differente dalle bistecche e che, soprattutto, solo un “vero butcher” riuscirebbe a realizzare.
Sì, avete capito bene, non stiamo parlando di un taglio facile da lavorare; richiede una certa conoscenza e capacità tecniche discrete.
Si tratta della big-steak, realizzata dal taglio intero di una coscia di bovino, adeguatamente frollata e proveniente da razze adeguate allo scopo.
Abbiamo dunque voluto fare alcuni approfondimenti per sincerarci dell’esistenza di lavorazioni simili – composti, più che altro, di tagli “scenografici”, molto “belli da vedere” ma di resa nettamente inferiore a quello che abbiamo invece ottenuto noi.
Di fatti, la nostra big-steak si può realizzare solo tagliando il coscio del bovino in corrispondenza dei tre muscoli sopracitati – scamone, tri-tip (spinacino) e punta d’anca.
In questa maniera, la bistecca – che, in base allo spessore, può raggiungere un peso compreso tra 1,0 e 5,0 kg – acquisirà elevati livelli di gusto, morbidezza e succulenza; per non parlare del fatto che in una sola bistecca sono racchiusi i tre tagli “clou” del quarto posteriore.
La prova
Non avremmo mai scritto questo articolo senza cimentarci in un numero sufficiente di esperimenti.
Non è un caso che, nelle nostre celle di frollatura dry-aged, da circa 9 mesi stazionasse una coscia di Black Angus: e ci siamo detti: <<Quale miglior occasione?>>.
Detto fatto; interrompiamo la magia della frollatura… parte il coltello… e si accendono le griglie.
Già al taglio, l’aspetto fa ben sperare; la marezzatura della carne è indescrivibile e si nota in maniera netta la differenza dei tre muscoli anatomici. I profumi sono tipici, inconfondibili, con note di funghi e formaggio che pervadono i sensi.
Mentre scaldiamo la griglia, eseguiamo un’accurata trimmatura della big-steak; nove mesi sono lunghi e le ossidazioni superficiali non vanno trascurate.
La cottura è classica, come quella di una fiorentina; raggiungiamo una temperatura al cuore di circa 50 °C e lasciamo riposare la bisteccona per qualche minuto (rest).
Non l’abbiamo voluta tagliare tutta prima del servizio; anzi, l’abbiamo portata a tavola intera. Così facendo, si è potuto lavorare ogni singolo muscolo e apprezzare la diversità organolettiche.
Il risultato
Ogni singola parte della bistecca è stata una nuova scoperta, dalle complessità aromatiche (per via della frollatura) alla morbidezza; persino la succulenza cambiava da un taglio all’altro.
Nessuno dei tre ha vinto sull’altro, ma personalmente la sequenza spinacino-scamone-picanha è stata una degustazione verticale di grande rispetto.
Abbinamenti vino e carne
Abbinare un vino su una bistecca al sangue può sembrare facile ma, di fronte a una prelibatezza simile, non lo è stato affatto.
Considerate che, in questi casi, si ha a che fare con succulenza, grassezza, intensità aromatica e persistenza.
Scegliere un vino adeguato può risultare difficile. Serve naturalmente un rosso di corpo e con buon grado alcolico; un tannino deciso ma comunque elegante per asciugare leggermente il palato; una buona spalla acida per pulire la grassezza delle marezzature; possibilmente con sentori di spezie e un buon affinamento, magari in botte grande, e con significativa persistenza retro-olfattiva.
Avendo in casa un Nero d’Avola del 2015, con 14.5 % vol, buona tannicità e acidità, la scelta è stata comunque veloce.
Il vino non ha giustamente prevaricato sulla big-steak, quale protagonista del giorno.